Stato

21.2 – L’altra parte dell’alba

Amo l’alba. Amo l’alba più dei tramonti. I tramonti li vedi ogni sera, così spesso che ad un certo punto non ci fai più caso. Semplicemente la luce abbagliante del giorno si dilegua,  e le pupille si allargano per adattarsi alle nuove condizioni.

L’alba invece è una conquista. Almeno è una conquista l’alba dei pipistrelli e dei vampiri.  Ovvero l’alba che ti raggiunge silenziosamente dopo una notte insonne a stropicciare la vita o a combattere con il lavoro.  Quando arriva l’alba, con quel suo colore un po’ malato e stentoreo, beh, ti rassomiglia. Guardi il sole uscire di casa, come te, e apprestarsi, come te, ad ingannare un altro giorno, con altre promesse.

Poi c’è l’alba dei metalmeccanici, di quelli che cominciano il turno alle 6 del mattino. E’ l’alba che viene dopo una notte in cui sei andato a letto presto, rinunciando a giocare. E’ l’alba che ti annuncia che il giorno che viene è ancora tutto da combattere. E’ un’alba tutt’altro che complice e consolatoria, è un’alba livida e crudele, nemica, che ti da la sveglia urlando e presentandoti il conto delle tue scommesse, mentre tu vorresti solo dormire un’altra ora.

Ti accorgi che stai cominciando a perdere colpi quando conti più albe da metalmeccanico che da vampiro.

La nebbia che respiro ormai
si dirada perché davanti a me
un sole quasi bianco sale ad est…

(Lucio Battisti – Luce dell’est)

Digressione

21.1 – le stelle cadenti mentono

Rinella, un posto disperso a sud tra fuoco, acqua e cielo. A notte inoltrata me ne sto stravaccata sulla sdraio del terrazzo superiore dell’hotel L’Ariana, dopo una giornata di sudore e cammino, a guardare le stelle con i miei compagni di viaggio. La via lattea sta dando spettacolo di sé, tagliando il cielo in due metà perfette. Identica cosa fa la scia dei vulcani (Etna, Vulcano, Stromboli, Vesubio) sotto di essa, speculare. Cicatrici nel tessuto continuo dell’universo.

Insomma, siamo lì, stravaccati con gli occhi nel cielo a sprecare parole, a riempire quel disagevole senso di infinita piccolezza della vita umana davanti alla devastante grandezza dell’universo. Cerco e trovo con sguardo sicuro le mie costellazioni (Cassiopea, le orse, Orione, le Pleiadi) e ne invento di nuove (il panda magro, l’elefante zoppo, il riccio di mare, il cavalluccio marino gay). Poi saetta una piccola luce, un piccolo volo di un paio di secondi scarsi, parallelo alla via lattea.

<<una stella cadente, esprimi un desiderio>>

<<no, tanto le stelle cadenti mentono. Mentono dal principio, dal nome, perché non sono stelle, e tecnicamente neanche cadono.  E non hanno mai esaudito un mio desiderio, ammiccano, ti illudono e poi ti lasciano da solo a sperare. Bisognerebbe dire “guarda un meteoritino con le chiappe in fiamme, esprimi una maledizione”. Allora forse si prenderebbero la briga di darsi da fare. Ma certo, se sei un meteoritino sfigato, pagato dall’universo il minimo sindacale per darsi fuoco, forse non avresti voglia di assolvere le richieste di un pigro umano spaparanzato sulla terrazza.>>

<<secondo me erano solo sbagliati i desideri che hai espresso>>

<<Bene. Avanti con la prossima stella. Ne ho uno zaino da 60 litri pieno, di desideri sbagliati>>

(Ai miei compagni e alle mie compagne di viaggio alle Eolie – a una in particolare. Ai miei compagni di desideri inesauditi, ovvero a tutti quelli con cui ho guardato le stelle, parlando appollaiata su balcone, un terrazzo, stravaccata per terra o camminando per un sentiero in montagna di notte. Ai miei desideri inesauditi, a te.)

Ti brucerai
Piccola stella senza cielo.
Ti mostrerai
Ci incanteremo mentre scoppi in volo
Ti scioglierai
Dietro a una scia un soffio, un velo
Ti staccherai
Perche’ ti tiene su soltanto un filo.

Ligabue – Piccola stella senza cielo

Stato

21 – piove

Oggi piove e cammino sotto i portici di via Farini.

Mi sei venuto in mente tu, anni fa. Quando uscivamo apposta, sotto il goretex, per camminare sotto la pioggia a Torino: Via Madama Cristina, Corso Vittorio, Via Roma giù fino in piazza CLN. Bagnati fradici, i tuoi occhiali appannati a nascondere i freddi occhi grigi. Io con il naso al vento, gocce di pioggia mischiate a lentiggini.

Quante volte l’abbiamo fatto? 100? 1000? Poi si è perso anche quello nella pioggia di Torino.

Eppure camminare nella pioggia continua a piacermi, senza compagni di passi.

‘Cos I know, I know, I never meant to cause you no pain
And I realize I let you down
But I know in my heart of hearts
I know I’m never gonna hold you again

Now I, Now i know, i wish it would rain down, down on me
Ohh I wish it would rain, rain down on me now

(I wish it would rain down – Phil Collins)