Citazione

14.1 – Nikon e Corso

Un giorno me ne andrò senza averti mai conosciuto. Allora ricorderai i miei occhi grandi, scuri. I miei silenziosi rimproveri. I miei gemiti d’angoscia nel sonno. I miei incubi che sei incapace di scacciare. Ricorderai tutto questo quando me ne sarò andata.

(Il club Dumas – Arturo Perez-Reverte)

Digressione

14 – di foto e di altre tragedie

Ho sempre amato disegnare, e quando è cominciato a mancarmi il tempo materiale per farlo, ho cominciato a fare foto. Migliaia di foto. Foto su foto nel tentativo assurdo di bloccare i momenti nella mia visione di essi, a perenne memoria del fremito, della sensazione del momento. Ho hard disk pieni di foto strane, sbilenche, stranite. Istantanee del mio sguardo buffo sul mondo. Molte non le ho neppure processate, molte non le ho neanche scaricate e giacciono in qualche rullino o in qualche scheda SD.

Poi capita che le riguardi, per masochismo, oppure semplicemente perché ti saltano addosso da dietro l’angolo di un file. E, assieme a loro, ti saltano addosso tutte le sensazioni e le impressioni di quel momento e tutte quelle che si sono concatenate ad esse nel tempo.

Così ritrovi quel primo piano scattato a pranzo in un inizio giugno salentino assolato e deserto. Quando il compagno di turno aveva lo sguardo ebete e lucido di chi è davvero felice e sta provando a sognare forte. Il sogno lo vedi ancora, cristallizzato lì, tra pupilla e l’iride. La foto lo ha congelato, e ne è rimasta la sindone, benché il sogno si sia corrotto e decomposto nel tempo.

E altre facce, altri progetti, e altri sogni. Altri cadaveri decomposti e polverizzati nel vento. Altri sentimenti, sensazioni, colori inchiodati nel tempo, finché il supporto non si consumerà. Ho così tanti fantasmi in agguato nel mio laptop che al confronto la lettura di Edgar Allan Poe risulterebbe una fiaba per fare addormentare i bambini la sera.

Non faccio più foto. Ho chiuso.